domenica 18 febbraio 2007

Così



"Non siamo più i ragazzacci ribelli di una volta" mi scrive Alex in messanger. Ed io non posso non fargli notare che la sua è una frase terribilmente ridicola, dato che non ha ancora 24 anni.
Mi risponde con l'immagine di un tizio che si piega in due dalle risate e scrive: "Hai ragione... vabbè, diciamo che abbiamo smesso di giocare a fare i belli e dannati". Mi piacerebbe scrivergli che io non giocavo a fare il ribelle, tantomeno il bello e dannato, ero semplicemente disperato. Ma so che mi scriverebbe prontamente: "Perchè, ora non lo sei?" E allora avrei serie difficoltà a rispondergli.
Finiamo a parlare delle sbronze, delle ragazze, dell'immensa e incredula gioia per il primo pompino ricevuto e non sappiamo bene se all'interno della nostra crescita emotiva queste cose siano state fondamentali o, più semplicemente, siamo solo due coglioni che danno peso alle cose sbagliate.
Così cerchiamo di essere seri ed elenchiamo quelle che potrebbero essere i fondamenti che ci hanno portato ad essere ciò che siamo oggi:

i Cure, i racconti di Bukowski, Dylan Dog, Spiderman, i film di Tim Burton, Orange Road ("Si, E' quasi magia Johnny è la base della nostra educazione sentimentale"), Devilman, Mondo Naif, Santana, i Tre Allegri Ragazzi Morti, John Fante per me e John Cheever per lui, Carlo Marx, la scoperta del socialismo, Pasolini, la scoperta della coscienza sociale, i Nirvana, gli Smashing Pumpkins, le poesie di Prevert e quelle di Dario Bellezza, la scoperta della sessualità ("O, per essere precisi, la scoperta che anche noi eravamo in grado di avere una sessualità"), la teoria "le dark sono tutte puttane, le punk non si lavano, le chiattille la danno sin da piccole ma se non hai soldi devi accontentarti dell'aroma", Buffy l'ammazza vampiri, Dawson's creek ("Umbè, tu pure mò sei peggio di Dawson"), Il mare d'inverno e tutti i pensieri tristi che fa venire in mente, la droga, le arti marziali, il nostro pseudo-buddismo metropolitano, Woody Allen, i sogni di gloria da divi del rock contrapposti al sogno piccolo-borghese di una casa col mutuo, una famiglia e un lavoro decente, Hegel, Nietzsche,
il porno di Joe D'Amato, l'horror di Stephen King di Poe e di Peter Straub, lo splatter, i B-movie, Franco Battiato e Fabrizio De Andrè, la rivalutazione dell'amicizia, dei modelli comportamentali, la convinzione di poter ridurre ad un equazione la vita, lui che demorde e comincia a viverla, mentre io mi ci accanisco più che mai, anche se in matematica non ci ho mai capito un'acca...

Continuiamo a lungo, senza un ordine cronologico, spariamo a raffica, sino a quando lui non scrive: "Chi l'avrebbe detto però che un cattivo ragazzo come te sarebbe diventato così". Con tante faccine sorridenti.
"Così come?" domando.
Mi risponde con una faccia pensierosa e poi scrive solo: "Così".
Io rido e gli dico che era da quando ero un ragazzaccio che cercavo di capire cosa diavolo volesse dire "così".
"Sarò io un coglione che ragiona in modo troppo semplicistico" scrive. "Ma per me così è quello che vedo la mattina quando mi guardo allo specchio".
Resto fermo qualche secondo a pensarci, poi rispondo: "No, sono io che sono troppo complicato e la faccio più lunga del necessario".
Il che è vero, anche se non ci credo sempre.
Parliamo ancora del passato, dei nostri 16 anni, come se non fossimo noi, come se nè quei corpi, nè quelle anime ci siamo mai appartenuti. Sarà uno strambo modo di rivedere il passato con distacco, o il semplice frutto dell'inelettuabilità del cambiamento, la consapevolezza che ciò che siamo stati una volta non è più. Un po' come se fossimo fenici, nate da un passato che ora non è altro che cenere.

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